IL NOSTRO CURRICOLO
Il curricolo è formativo, le attività educative che vengono svolte nella scuola dell’infanzia acquisiscono organicità ed intenzionalità, ed è per questo che le insegnanti, nella definizione dei curricoli, considerano il bambino protagonista del proprio processo formativo.
Per la scuola dell’infanzia nel Decreto del Ministero della Pubblica Istruzione “Orientamenti dell’attività educativa per le scuole materne statali” del 1991, documento programmatico per l’allora “scuola materna” si fa riferimento al curricolo per la prima volta, esso viene così definito: “L’indicazione dei criteri assunti, delle procedure impiegate, delle scelte responsabilmente effettuate e delle azioni intraprese determinano il curricolo, le cui caratteristiche sono pertanto costituite dalla specificità degli obiettivi, dei contenuti e dei metodi, dalla molteplicità delle sollecitazioni educative e dalla flessibilità nell’applicazione delle proposte programmatiche.”
I processi d’apprendimento devono essere contestualizzati e quindi devono considerare una serie di variabili che appartengono alla vita del bambino e interagiscono tra loro: stili di apprendimento, contesto di vita del bambino, interessi, motivazioni, emozioni, ecc. L’apprendimento dunque non si costruisce solo attraverso gli interventi diretti al bambino da parte dell’insegnante, che pure tanta importanza hanno nella crescita e nello sviluppo, ma ogni apprendimento si costruisce, si consolida, si arricchisce passa anche in maniera indiretta, attraverso la cura e l’intenzionalità educativa nella disposizione degli spazi, dei materiali, negli arredi, nell’organizzazione dei tempi, nei gesti, ecc., solo apparentemente, privi di significato e di poco valore.
“Il curricolo della scuola non coincide con la sola organizzazione delle attività didattiche che si realizzano nella sezione e nelle intersezioni, negli spazi esterni, nei laboratori, negli ambienti di vita comune, ma si esplica in un’equilibrata integrazione di momenti di cura, di relazione, di apprendimento, dove le stesse routine (l’ingresso, il pasto, la cura del corpo, il riposo, ecc.) svolgono una funzione di regolazione dei ritmi della giornata e si offrono come “base sicura” per nuove esperienze e nuove sollecitazioni”.
(MIUR, Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, 2012)
Per la pianificazione delle azioni educativo-didattiche, per le scelte strategiche, per l’individuazione di percorsi personalizzati e individualizzati, per la cura del contesto educativo, tutto il personale della scuola integra tra loro le teorie pedagogiche, psicologiche e sociologiche di diversi autori, che ora vi presentiamo.
La teoria ecologica di Urie Bronfenbrenner (1917-2005) spiega come il contesto di vita di ogni persona, possa favorire oppure no lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno, sia a livello cognitivo che relazionale. Dimostra al contempo come la relazione tra i diversi contesti può rafforzare o indebolire la percezione di sé e del mondo circostante. Tale teoria sostiene come l’ambiente in cui cresciamo influisce su tutti i piani della nostra vita; il nostro modo di pensare, le emozioni che proviamo, i nostri gusti e preferenze possono essere determinati da diversi fattori sociali.
Lo psicologo statunitense nelle sue ricerche, osservò che il modo di essere dei bambini cambiava in base al contesto in cui erano cresciuti, a tal fine decise di studiare gli elementi che influenzavano maggiormente lo sviluppo infantile in questo senso.
Egli concepiva l’ambiente come un insieme di sistemi interconnessi tra loro, all’inizio ne individuò quattro, successive ne individuò un quinto.
Dal più vicino alla persona a quello più distante, i cinque sistemi della teoria ecologica di Bronfenbrenner sono i seguenti:
– Microsistema: è formato dai gruppi che hanno un contatto diretto con il bambino. Sebbene possano esistere diverse possibilità, alcuni dei più importanti sono la famiglia e la scuola. La relazione tra
questo sistema e lo sviluppo del bambino è evidente e si verifica in entrambe le direzioni. Le convinzioni dei genitori influenzano direttamente il modo di essere del bambino. Tuttavia, anch’egli è in grado di modificare le prospettive dei membri della sua famiglia. Lo stesso accade con la scuola e con il resto dei gruppi che fanno parte del microsistema.
– Mesosistema: il secondo sistema descritto dalla teoria ecologica di Bronfenbrenner è formato dalle relazioni esistenti tra quelle del primo livello. In questo senso, la relazione dei genitori con gli insegnanti, ad esempio, avrà un impatto diretto sul bambino.
– Esosistema: il terzo livello riguarda gli elementi che influenzano la vita del bambino, pur non avendo una relazione diretta con essi. L’influenza sullo sviluppo della persona, quindi, avviene per via indiretta. Un esempio di esosistema può essere l’attività in cui lavorano i membri della famiglia del bambino. Essa può influenzare il modo di pensare, il tempo libero o il benessere dei genitori.
– Macrosistema: l’ultimo dei quattro sistemi originariamente descritti dalla teoria ecologica di Bronfenbrenner è il macrosistema. Questo è costituito da quegli elementi della cultura in cui la persona è immersa e che influenzano chiunque. Ad esempio, i valori della stessa o l’esistenza di una religione ufficiale.
– Cronosistema: quest’ultimo sistema è stato aggiunto successivamente dallo studioso. Si riferisce al momento della vita in cui la persona vive determinate esperienze. Ad esempio, la morte di una persona cara viene interpretata in modo diverso a seconda dell’età.
Questi sistemi sono organizzati a partire da quelli più vicini al bambino, fino a quelli più distanti e influenzano lo sviluppo del bambino, anche attraverso le loro interconnessioni. Un cambiamento in termini di situazione ambientale può influenzare la persona, ad esempio, è normale che il modo di essere di una persona cambi, quando si trasferisce in un paese dalla cultura diversa dalla propria.
Secondo il pedagogista Jerome Bruner (1915-2016) autore della “teoria dell’apprendimento”, ogni bambino sviluppa sé stesso e le sue conoscenze attraverso le seguenti tappe:
- la prima fase è quella esecutiva che va dalla nascita al primo anno di vita circa, è la fase in cui il bambino comincia a conoscere il mondo e ad interiorizzare tale conoscenze, attraverso una serie di attività ed esperienze. In tal modo lui si muove e compie gesti finalizzati al raggiungimento di un obiettivo: piange e gli viene dato da mangiare, sorride e gli altri sorridono, ecc.
Il bambino passa da movimenti goffi, che si affineranno sempre più esercitandoli, a movimenti sempre più sicuri e fluidi (afferrare un gioco, gattonare, alzarsi in piedi e cominciare a camminare, ecc.)
- La seconda fase di sviluppo, che va dal primo fino al settimo anno di vita circa, si caratterizza per la capacità del bambino di rappresentarsi il mondo attraverso la dimensione iconica, cioè attraverso delle immagini, passando dal campo visivo all’immaginazione. In questa fase il bambino comincia progressivamente ad immaginare una cosa anche se non è fisicamente presente (un bicchiere, la mamma, ecc.). Le narrazioni e l’attività grafico pittorica, stimolano nel bambino questo passaggio dal concreto all’astratto. Per questo i bambini cominciano a trovare piacere nel guardare e leggere libri, nel lasciare dei segni anche attraverso l’uso di materiali traccianti. Mediante il costante esercizio il suo segno grafico evolve nel tempo, dallo scarabocchio motorio allo scarabocchio intenzionale, alla rappresentazione grafica voluta di narrazioni e di eventi accaduti. Ogni bambino si crea così una rappresentazione della realtà, attraverso la visione di immagini, oggetti e simboli.
- Nell’ultima fase, che va dai sette anni in poi, fase della rappresentazione simbolica, il bambino progressivamente rappresenterà il mondo e le sue conoscenze passando da immagini mentali all’uso di codici convenzionali astratto, mediante simboli (scrittura, numeri, musica).
Questi processi mentali, nella loro successione, permettono ad ogni bambino di immagazzinare le informazioni dall’esterno, di farle proprie, di elaborarle, di associarle, e scambiarle con gli altri.
- Bruner ritiene che si può insegnare ad ogni bambino qualsiasi cosa, ovviamente con linguaggi e strutture adeguate all’età.
Parlando specificatamente dell’età della scuola dell’infanzia, mette in particolare rilevanza il valore dello sviluppo del linguaggio e l’importanza del gioco, perché entrambi fondamentali per lo sviluppo della mente e degli apprendimenti.
Il linguaggio, per Bruner è il mediatore fondamentale per favorire gli apprendimenti ad ogni età. Il gioco riveste valore educativo e formativo, “giocare è una cosa seria”, è una componente primaria e funzionale per imparare, per sperimentare nuovi comportamenti e per poter trovare soluzioni. Il gioco favorisce lo sviluppo di nuove modalità cognitive, motorie, relazionali e linguistiche.
Secondo Bruner, l’apprendimento avviene attraverso la trasmissione di conoscenza, proprio all’interno di specifici contesti sociali, come la scuola, la famiglia, o il gruppo amicale. I “saperi” vengono dunque acquisiti dal bambino attraverso le esperienze e non tramite la trasmissione orale. Per questo il ruolo dell’insegnante è fondamentale all’interno del contesto scolastico, essa deve essere in grado di motivare, stimolare, all’apprendimento e fare della scuola un vero e proprio ambiente in cui la naturale curiosità dei bambini sia sostenuta da domande, dall’esplorazione, dalla ricerca e dalle scoperte fatte.
Il costruttivismo sociale è una teoria che afferma che la costruzione della conoscenza avviene all’interno del contesto socio-culturale in cui agisce l’individuo. Secondo questa prospettiva, interazioni e linguaggi svolgono una funzione fondamentale in un processo di apprendimento.
La moderna pedagogia deve molto alle osservazioni di Lev Semenovic Vygotskij secondo il quale il gioco simbolico rappresenta un’attività fondamentale durante la prima infanzia, perché permette di sviluppare e strutturare l’aspetto cognitivo, sociale ed affettivo.
Il bambino usa un oggetto come se questo fosse un’altra cosa, attribuendogli proprietà che non possiede; per esempio se il bambino vuole giocare a fare il dottore e non ha gli strumenti, userà un laccio come stetoscopio, una matita come termometro o siringa, e così via, “Il gioco simbolico” è caratterizzato da un processo di significazione indiretta: qualcosa viene utilizzato per rappresentare qualcos’altro. Nel gioco il pensiero è separato dagli oggetti e l’azione nasce più dalle idee che non dalle cose, perciò un pezzo di legno comincia ad essere una bambola e un bastone diventa un cavallo.
Per Vygotskij il gioco è un’attività basilare per lo sviluppo intellettivo e, nella prima infanzia, risulta essere la più importante. Attraverso la finzione ludica il bambino allarga il proprio campo di azione e di conoscenza, esprimendo principalmente il proprio bisogno di conoscere e di adattarsi al mondo.
Il bambino dai 12 mesi ai 6 anni, crea delle situazioni immaginarie per superare i limiti delle sue possibilità e gioca “al far finta di …”
Nella primissima infanzia si parla di gioco “sensomotorio”, cioè legato ad esperienze sensoriali e motorie.
Il piacere del gioco è prevalentemente legato alle esperienze sensoriali e motorie del bambino.
Il muovere, il far cadere, il toccare, il conoscere con la bocca, il far rumore, lo spostare sono fondamentali per esplorare e conoscere.
In seguito, con lo sviluppo del linguaggio, il bambino sente la necessità di ampliare le sue esperienze; ciò lo aiuterà ad entrare in contatto con gli altri individui sviluppando così l’aspetto socio-emotivo.
Al centro degli interessi del bambino, si pone inoltre in questa fase, l’imitazione (soprattutto del genitore, dell’educatore o di altre persone di riferimento per lui), la capacità cioè di riprodurre attività, gesti e momenti nei vari contesti della quotidianità, che attraverso il gioco di finzione contribuirà allo sviluppo delle autonomie e dell’aspetto relazionale del bambino.
L’attività creativa, per Vygotskij, nasce dal bisogno di ogni persona, fin dalla più tenera età, di intervenire in modo costruttivo e attivo sulla realtà e così, allargare le proprie esperienze.
Nel costruttivismo l’insegnamento è il risultato di attente osservazioni e di una notevole sensibilità nei confronti dei bambini. L’insegnante sviluppa progressivamente approcci e metodiche mentre impara a conoscere gli interessi, i bisogni e le potenzialità dei suoi bambini. Si pone come “guida al fianco” di ogni bambino per rendere l’apprendimento un’attività collaborativa in cui i bambini si arricchiscono. In questa dimensione sociale dell’apprendimento il clima della classe è fortemente determinato dalla presenza significativa di ognuno, e l’insegnante più che essere l’unica fonte di sapere diviene una variabile in gioco.
Vygotskij nello studiare i processi di apprendimento ha sviluppato il seguente modello:
La zona di sviluppo prossimale si può definire come la differenza tra ciò che un bambino sa fare da solo e ciò che è in grado di fare con l’aiuto e il supporto di qualcuno. Per esempio Luca di 1 anno potrebbe essere in grado di camminare ma non da solo e, quindi, se sostenuto dalla mamma potrebbe imparare a farlo nel giro di poco tempo (se non avesse l’aiuto, l’apprendimento avverrebbe solo più tardi). Oppure Marco, di 3 anni, non sa tagliare con le forbici, osservando gli amici, spronato a provare, sostenuto emotivamente dall’insegnante, un po’ per volta e progressivamente arriverà in autonomia ad usare le forbici correttamente.
La zona di sviluppo prossimale rappresenta, quindi, il livello di sviluppo potenziale che può raggiungere un bambino se stimolato. Come nell’esempio fatto la persona che offre l’aiuto è inizialmente il genitore. Successivamente, con la frequenza del nido o della scuola dell’infanzia, è l’educatrice assieme ai compagni, anche un fratello maggiore, o comunque qualsiasi persona che sia più competente del bambino.
In maniera coerente, con quanto sopra presentato, la scuola ha adottato nelle pratiche quotidiane alcune metodologie educativo-didattiche che risultano particolarmente efficaci per attivare i processi di apprendimento:
CIRCLE TIME: consiste nel dialogare e discutere, seduti in cerchio, ascoltando i compagni, esprimendo le proprie opinioni ed emozioni, discutendo per risolvere problemi, quesiti, conflitti, sviluppando al contempo competenze linguistiche e relazionali e per favorire la partecipazione di tutti e quindi l’inclusione.
- METODO EURISTICO PARTECIPATIVO: dal greco “trovare, scoprire”, consiste nell’accompagnare e invitare ogni bambino a partecipare attivamente ai percorsi di scoperta e di ricerca-azione nel contesto del gruppo, accrescendo la sua autonomia, stimolando l’interesse, la curiosità e la collaborazione.
- ROLE PLAYING: è il metodo in cui il bambino, immedesimandosi nel gioco di ruolo e sperimentando tecniche specifiche (drammatizzazioni, sketch, scenette, interviste, discussioni, ecc.) mette in gioco tutta la sua persona, a livello fisico ed emotivo, sviluppando l’autostima e la creatività.